In Val Pellice la coltivazione di giacimenti di pietre ornamentali è documentata dal periodo medievale, con il riconoscimento dei Comuni da parte dell’imperatore Federico Barbarossa nel 1183, a partire dal quale si instaurò il principio del libero accesso alle cave per chiunque ne scoprisse di nuove. Il bacino rivelatosi poi più produttivo fu quello della Val Luserna.
La Pietra di Luserna venne abbondantemente impiegata in seguito per la prestigiosa edificazione plurisecolare della capitale italiana dei Savoia: Torino. In epoca umbertina, grazie al nuovo collegamento ferroviario, l’impiego della Pietra di Luserna a Torino raggiunse il suo massimo storico.
All’attività di coltivazione e di lavorazione della Pietra di Luserna è fortemente legata una parte importante dell’identità culturale valdese: in gran parte valdesi furono sempre i cavatori ed i perfezionatori delle tecniche estrattive.
Oggi il comprensorio estrattivo della Pietra di Luserna, esteso sui comuni di Bagnolo Piemonte, Luserna San Giovanni e Rorà, ha una produzione tra le prime in Italia con circa 300.000 tonnellate annue di materiale lavorato.
In passato la Pietra di Luserna è sempre stata considerata un materiale povero e veniva spesso utilizzata in lastre di tetti, pavimentazioni, balconi, marciapiedi, modioni e davanzali per finestre.
Nell’Ottocento, un grande architetto, Alessandro Antonelli, quasi a voler riscattare la sorti di tale bellissimo materiale, utilizzò la Pietra di Luserna nella sua più ardita e mirabile opera: la Mole Antonelliana.
In questa fantastica architettura, che successivamente divenne il simbolo della Città di Torino, la Pietra di Luserna ebbe sia il lusinghiero compito di ricoprire l’intera superficie della cupola sia l’altrettanto importante compito strutturale di rinforzare la solidità delle murature attraverso la solidità delle murature attraverso la giustapposizione di lastre nelle stesse.